E-COMMERCE: non sarà la tomba dei negozi fisici, a patto di accettare il cambiamento
di Denis Baruffaldi, 18/06/2018
Giorni fa è uscito il report “E-COMMERCE IN ITALIA 2018” di Casaleggio ed Associati che, da qualche anno, rappresenta un appuntamento fisso di riflessione sullo stato dell’arte dell’e-commerce, insieme ovviamente al lavoro di PoliMi e pochi altri in Italia.
Ci sono nel report numeri, perlopiù noti a chi si occupa di e-commerce, che, presentati con enfasi, ne costituiscono il maggior “volume”. Due concetti più generali emergono invece dal report: sono quasi sussurrati, ma meritano un ragionamento.
Il primo è che, salvo alcuni top player, si è perlopiù impreparati alla più grande delle attuali opportunità: il mercato cinese.
Ormai quasi 20 anni fa, giovane e poco più che diplomato, mi occupavo di hardware e componentistica e ne vedevo passare sotto i miei occhi volumi molto ingenti: già allora buona parte di quegli oggetti erano cinesi, (quelli “buoni” venivano da Taiwan). Nel frattempo le esportazioni cinesi sono crescite a dismisura, molti imprenditori cinesi sono attivi al di fuori dei confini del loro paese e molti in Italia (persino nello sport nazionale: il calcio), interi continenti sono stati dotati delle prime infrastrutture in cambio di favorevolissimi accordi commerciali. Da qualche anno sono oggetto di attenzione anche i debiti sovrani degli stati… per evitare di perdere clienti.
Vent’anni sono passati da quando producevano elettronica industriale e di consumo per tutto il mondo: dovremmo meravigliarci se oggi sono tecnologicamente uno dei popoli più avanzati? Non dico che non ci siano in altre parti del mondo tecnologie più evolute o persone più digitalizzate ma la Cina è probabilmente il paese con la più alta penetrazione del digital nella vita comune, si pensi che il 95% dei cinesi che comprano su internet è abituato a comprare e pagare da dispositivo mobile.
Iniziamo forse solo oggi ad abituarci alla globalità di matrice anglosassone e non ci accorgiamo che Cina, Russia e Medio Oriente sono assai più vicine e concrete di quello che pensiamo. Il problema è sempre culturale, non li capiamo o più che altro non li consideriamo.
Ebbene io penso che dobbiamo puntare verso la Cina subito, perché stiamo già perdendo il treno.
Il secondo concetto riguarda i negozi fisici e la trasformazione che stanno subendo con l’avvento dell’ecommerce e delle tecnologie digitali in genere. L’omnicanalità è considerato un tema tecnologico ma, alla base di tutto, c’è il fatto che proprio la tecnologia sta cambiando le nostre abitudini di consumo. I grandi player mondiali stanno sperimentando, proprio attraverso le tecnologie, un modo per inserirsi in questa evoluzione ottenendo un vantaggio competitivo a scapito dei competitor.
Tocchiamo un tema correlato: coloro che dicono che i negozi fisici spariranno stanno sbagliando o stanno guardando troppo lontano?
Può esistere una società dove tutti gli acquisti vengono pianificati prima e si può attendere una consegna sia essa dopo pochi minuti, ore o giorni? Io credo di no. Forse i negozi di domani saranno diversi perché diversa sarà l’esigenza per cui si compra in un negozio, ma di certo non spariranno; nemmeno i piccoli. Perché? Perché ci sono acquisti che vengono fatti razionalmente, altri sull’onda delle emozioni e dell’esperienza di acquisto, di impulso insomma. Ci sono acquisti che si programmano ed altri che avvengono occasionalmente, ci sono acquisti anticipati ed altri differiti, abbonamenti e regali.
Si forse è vero che la prima battaglia è sempre sul “cosa” compriamo ed a parità di prodotto si fa fatica a competere con i top player, ma il terreno sembra essere molto più sfumato se battiamo altre piste: ad esempio quelle del “come” compriamo, del “perché” e del “quando”.
Ed è evidente che queste domande offrono di per sé uno spiraglio di luce al piccolo negozio, a patto che l’esercente costruisca la propria offerta in maniera ragionata su tutti i diversi tipi di acquisto. Lo può fare abbinando prodotti che lo differenzino (magari di microbrand locali) con generi più basici e conosciuti acquistabili di fretta senza guardare il prezzo; consentendo acquisti fuori orario di apertura con l’ecommerce e premiando la fedeltà del cliente con loyalty programs e servizi aggiuntivi.
Tutto semplice? Niente affatto! Si tratta di un vero lavoraccio ma è anche la normale evoluzione del mercato, almeno se non si è in monopolio. Insomma aprire un negozio e aspettare sull’uscio la ressa dei clienti non porta risultati.
Siamo nel pieno di un cambiamento che coinvolge oggi anche le PMI: come opportunità se sapranno accogliere il digitale ed aprirsi al marketing, come fattore critico o di vera a propria “crisi” se saranno rigide al cambiamento.
PRISMI aiuta le PMI a comprendere il cambiamento digitale ed a cogliere le opportunità che il mercato crea, attraverso strumenti e servizi di digital marketing e consulenza sull’export digitale.
Se ti occorre un parere su come cogliere queste opportunità scrivimi a [email protected]: ti prometto che non cercherò di venderti niente!
È possibile scaricare il report “E-COMMERCE IN ITALIA 2018” di Casaleggio ed Associati qui.
Buona rivoluzione digitale.