Secondo l’indagine “I costi nascosti dell’e-commerce” della società di consulenza globale Alvarez&Marsal, realizzato in collaborazione con Retail Economics e condotta su 6 paese europei (GB, Italia, Spagna, Francia, Germania e Svizzera), con un panel di 3.000 famiglie e oltre 250 retailer europei che rappresentano oltre 2.000 miliardi di euro di spesa nel 2020, questo sarà l’impatto dell’online rispetto al business offline.
Come cambieranno i profitti dei canali fisici?
I profitti dei rivenditori dei canali fisici caleranno di molto nei prossimi 5 anni (2020-2025). Si verificherà, infatti, uno spostamento a favore dell’online indotto dagli effetti del covid-19 sulle abitudini di acquisto dei consumatori.
Innanzitutto, dice Alberto Franzone, Country Co-Head di Alvarez&Marsal in Italia, i rivenditori “digital only” in genere operano con margini notevolmente inferiori (1,4%) rispetto ai modelli di business multicanale e fisici (5,2%). Gli altri costi con cui i rivenditori devono fare i conti sono le nuove competenze, il potenziamento dell’infrastruttura tecnologica e degli aspetti logistici, come anche la ricerca di partner tecnologici per soddisfare i nuovi bisogni del consumatore. Sono tutte voci di costo importanti in questo contesto, a cui bisogna aggiungere le vere variabili capaci di influenzare maggiormente il futuro del settore: le spedizioni e, soprattutto, i resi.
I nuovi consumatori digitali, e questo è particolarmente valido per i giovani compratori, spesso nativi digitali, restituiscono la merce acquistata online con più facilità: basti pensare che quasi il 9% del totale delle spedizioni dell’e-commerce italiano torna indietro come reso (in UK questa percentuale sale all’11%).
La situazione Italiana
Sarà proprio l’Italia la capofila di questa transizione digitale: entro il 2025 la redditività del settore retail scenderà infatti dal 3,5% al 2,6% con un saldo negativo di -3,7 miliardi di euro – dicono da Alvarez&Marsal – e proseguono “Una perdita di quasi un punto percentuale in un mercato già storicamente provato da margini ridotti rispetto al resto d’Europa dovuto soprattutto all’accelerazione sul digitale che ha caratterizzato il nostro Paese dalla pandemia e che si prevede proseguirà a ritmi più sostenuti del resto d’Europa per i prossimi anni”. “I consumatori italiani sono, fra quelli presi in considerazione dall’indagine, i più propensi a considerare permanente la rivoluzione digitale che ha investito il mondo dei consumi domestici”
Il 38,4% dei nostri connazionali (perlopiù nuovi consumatori), infatti, ha affermato di non voler tornare a un modello di acquisto pre-pandemia, contro il 33% degli Spagnoli e 29,6% degli Inglesi.
Questo avviene con più facilità per alcuni settori merceologici come gli elettrodomestici e gli oggetti elettronici in generale, che hanno visto uno spostamento verso le vendite online del 18,7%, i casalinghi con il 16% e l’abbigliamento con il 14,2%. La via verso l’online sembra spianata: solo in Italia si stima che i negozi fisici perderanno nel post-pandemia quasi il 30% dei visitatori, in UK la percentuale sale al 44%.
Quali strategie dovrebbero adottare i brand?
Quali le strategie adottare, quindi? I brand dovranno mettere in atto una serie di misure per evitare di soccombere, rischio ancora più alto per chi ha store sovradimensionati; già oggi assistiamo a una riconversione dello spazio fisico in un’ottica multichannel, dove i punti vendita diventano funzionali agli e-commerce, ma a fare la differenza sarà la tempestività con cui si predisporranno forti investimenti per riuscire a spostare un business model pensato per un canale fisico verso uno pensato per rendere più efficienti le vendite online.
Tra le strategie suggerite, il click and collect (la possibilità di ordinare online un prodotto e di ritirarlo in negozio), il ripensamento del negozio come spazio social, senza dimenticare il miglioramento della catena di approvvigionamento, dall’uso dei dati al ripensamento degli imballaggi anche per ottimizzare i costi, alla nascita di partnership strategiche per affrontare in maniera più efficiente delivery e resi.
La sfida che oggi si presenta ai brand è sfruttare al meglio la disintermediazione che il passaggio fisico/online porta con sé, migliorando l’analisi degli insight per investire sulla formula direct to consumer.