Essere o non essere (online)?
Dirette Social, Sito, TikTok, il Metaverso… davvero un’azienda deve essere anche online?
Dirette Social, Sito, TikTok, il Metaverso… davvero un’azienda deve essere anche online?
Abbiamo già parlato di quanto il nostro stile di vita si sia modificato nel corso degli ultimi due anni e di come, utilizzando sempre più “internet” e vari dispositivi, siamo riusciti a continuare con molte delle attività pre-pandemia, reinterpretando una nuova normalità. Fare la spesa, lavorare e persino salutare gli amici durante un aperitivo è diventata un’esperienza diversa grazie all’utilizzo della tecnologia, che ha saputo supportarci quando uscire e incontrare persone era impossibile.
Uno degli effetti di queste nuove abitudini che hanno permeato molti di noi, in più angoli del mondo, è che siamo diventati più bravi nello scovare un brand, nel cercare un prodotto o nel videochiamare qualcuno. Le nostre capacità di utilizzare questo mezzo si sono via via affinate nel corso dei mesi, per conferirci una scaltrezza che mediamente prima non possedevamo.
E insomma, acquista sul marketplace oggi e fai una riunione su Zoom domani, siamo diventati più bravi, ma anche più esigenti: l’utente medio oggi si aspetta esperienze online che, in un certo senso, non siano così diverse da quelle offline. Come l’aspettativa di essere riconosciuti dall’azienda con cui stiamo dialogando in tutti i touchpoint che mette a disposizione, ricevendo un trattamento “personalizzato” sulla base del comportamento e delle abitudini espresse. Un esempio? Se hai un marketplace di articoli di bellezza e compro uno shampoo per capelli lunghi, un rossetto e una piastra per capelli mi aspetto che tracci una sorta di identikit del mio profilo, riconoscendo quanto io sia interessata a questo genere di articoli. Se poi mi invii una newsletter focalizzata sui prodotti per la rasatura… allora non mi conosci bene!
E questo non significa che l’acquisto si debba concludere necessariamente online, bensì che l’utente ha acquisito quegli strumenti e quella dimestichezza per cui si informa, fa ricerche e comparazioni fra diverse soluzioni, ricerca per brand o per servizio, legge le esperienze degli altri e si costruisce un’idea online prima di prendere una decisione, anche offline. Ecco perché “farsi trovare” e offrire contenuti che garantiscano un’esperienza soddisfacente moltiplicano le opportunità di conoscere nuovi clienti.
Il percorso che ogni utente segue da quando capisce di avere un’esigenza a quando finalizza l’acquisto è sempre stato rappresentato come una sequenza di 3 passi:
Oggi però si tende a considerare questo modello un po’ superato per via della grande esposizione che gli utenti vivono ogniqualvolta si trovano online. I tanti input che arrivano dai social, delle newsletter, dall’advertising, ma anche dalla comunicazione offline, fanno sì che questo percorso sia più intricato, quasi “rimbalzando” fra esplorazione e valutazione più volte fino ad arrivare alla conclusione e all’acquisto.
Ecco che allora la più tradizionale rappresentazione del Buyer’s Journey, così sequenziale, è stata più recentemente rimpiazzata dal modello Messy Middle, teorizzata da alcuni ricercatori legati a Google: niente più percorsi step-by-step, bensì una concezione di utente sempre più sollecitato dall’attuale abbondanza di brand, soluzioni, advertising a sua disposizione.
Da qui l’esigenza sempre più preponderante di offrire il maggior numero di touchpoint: più si è presenti, più si è rintracciabili da chi si trova proprio nel bel mezzo di una decisione da prendere. E diciamocelo: abbiamo tutti almeno un Messy Middle in testa, non è vero?
Avere più touchpoint aumenta le probabilità di essere trovati nei percorsi di conversione dell’utente, dicevamo. Ecco, non serve però moltiplicarli a sproposito: ha senso avere dei punti di contatto laddove si trovano i nostri utenti in target, ma questa è un’altra storia.
I trend per il 2022 ci dicono che i Social saranno sempre più protagonisti non solo per l’engagement di cui gli utenti vanno ghiotti, ma anche nei processi di acquisto.
Non è un caso se negli ultimi anni, se non mesi, le principali piattaforme social si sono mosse sempre di più verso una strategia di “circoscrizione” dell’ambiente, ospitando delle vetrine e dei negozi, ma addirittura permettendo di concludere la transazione economica senza dover uscire dal proprio perimetro. Instagram e Facebook (ça va sans dire) si sono già ampiamente dimostrate sostenitrici di questa scelta e lo stesso farà a breve anche TikTok.
E a ben pensarci è proprio in linea con il modello del Messy Middle: l’utente è in cerca di ispirazione o informazioni, si trova sui social, dove spende diverse ore giornaliere – et voilà – ha tutto lì, pronto, per acquistare, senza che si dilunghi troppo in ulteriori considerazioni o riceva altri input che potrebbero distoglierlo dalla sua intenzione.
Il Social Commerce sarà quindi un’evoluzione a cui ci abitueremo sempre di più. Una delle leve che i brand da tempo utilizzano è quella dell’Influencer Marketing, ovvero la scelta di includere nella propria strategia di advertising dei “testimonial” che condividano con i propri follower le caratteristiche, i benefici, i vantaggi di un certo prodotto.
Gli influencer sono potenzialmente molto efficaci, tuttavia si è osservato che gli utenti tendono ad attribuire loro maggiore autorevolezza se sono davvero credibili in ciò che sponsorizzano. Vale a dire che un influencer che non ha una vera e propria specializzazione, ma che parla dei prodotti più disparati e senza una coerenza, non viene percepito come attendibile e dunque è inefficace, se non controproducente.
Viceversa, gli influencer che hanno magari un seguito minore, ma più fidelizzato, riescono ad attirare maggiore engagement e a produrre più conversioni.
Alcuni brand hanno iniziato a sperimentare le vendite durante le dirette social, proprio grazie alla possibilità di far compiere e finalizzare degli acquisti direttamente in piattaforma e con il supporto dell’influencer, che illustra il prodotto, racconta la propria esperienza e magari offre un piccolo sconto o un giveaway.
Per rispondere alla domanda iniziale: essere online non è obbligatorio, ma certamente le aspettative degli utenti ci mostrano quanto essi si aspettino di trovare i loro brand preferiti in diversi “luoghi”, specialmente i Social Network. Esserci e incontrare le loro necessità è la strada giusta per poter incontrare i propri clienti anche online e conoscere nuovi contatti.